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La Latomia dei Cappuccini a Siracusa.
Il contrasto fra la bellezza idilliaca del giardino, creato dai frati Cappuccini in questa ex cava di pietra, e le vertiginose pareti a strapiombo che lo circondano, affascina da secoli i visitatori di questo luogo, al punto che fin dal XVII secolo esso fu incluso come "tappa obbligata" del "Grand Tour" in Italia.
Anche questa latomia (la più antica di quelle siracusane, risalendo al secolo VI a.C.) nacque come cava di pietra, ma oltre ai segni dell'attività umana presenta anche quelli della forza della natura, che con terremoti, crolli ed erosioni, e con l'esplosione d'una vegetazione lussureggiante, ha conferito a questo luogo un aspetto "selvaggio" e a tratti "lunare" che non può non colpire la fantasia.
Per il viaggiatore di qualche secolo fa, imbevuto di letture dell'antichità classica, il fascino del luogo era accresciuto dalla circostanza drammatica che queste cave furono usate per imprigionare i soldati ateniesi catturati dopo il fallito attacco militare contro Siracusa nel 415/413 avanti Cristo, raccontato con potenti dettagli da Tucidide nella Guerra del Peloponneso. La strage fu enorme: si calcola che dei 50.000 partecipanti alla spedizione militare non più di 7.000 siano sopravvissuti, e solo per essere venduti come schiavi.
Ecco il racconto di Tucidide:
Nelle cave di pietra il trattamento imposto nei primi tempi dai Siracusani fu durissimo: a cielo aperto, stipati in folla tra le pareti a picco di quella cava angusta, in principio i detenuti patirono la sferza del sole bruciante, e della vampa che affannava il respiro. Poi, al contrario, successero le notti autunnali, fredde, che col loro trapasso di clima causavano nuovo sfinimento e più gravi malanni. Per ristrettezza di spazio si vedevano obbligati a soddisfare i propri bisogni in quello stesso fondo di cava: e con i mucchi di cadaveri che crescevano lì presso, gettati alla rinfusa l'uno sull'altro, chi dissanguato dalle piaghe, chi stroncato dagli sbalzi di stagione, chi ucciso da altre simili cause, si diffondeva un puzzo intollerabile. E li affliggeva il tormento della fame e della sete (poiché nei primi otto mesi i Siracusani gettavano loro una cotila d'acqua e due di grano come razione giornaliera a testa).
Per concludere, non fu loro concessa tregua da nessuna delle sofferenze cui va incontro gente sepolta in un simile baratro. Per circa settanta giorni penarono in quella calca spaventosa.
Poi, escluse le truppe ateniesi, siceliote o italiote che avevano avuto responsabilità diretta nella spedizione, tutti gli altri finirono sul mercato degli schiavi.
Il dato preciso sul numero effettivo dei prigionieri è difficile da stabilire con rigore: comunque non fu inferiore a settemila.
Questo riuscì l'evento bellico più denso di conseguenze per i Greci, in tutto l'arco della guerra e, almeno secondo il mio giudizio, il più grandioso in assoluto tra i fatti della storia greca registrati dalla tradizione: quello che garantì il maggior trionfo alla potenza vincitrice e inflisse agli sconfitti la ferita più mortale. Disastrose disfatte, su tutti i fronti; tormenti di ogni sorte, acuiti allo spasimo. Fu insomma una distruzione radicale: è proprio questa la parola; e vi scomparve l'esercito, si dissolse la marina, e nulla si riuscì a salvare. E pochi della folla partita un giorno fecero ritorno a casa.
Ecco, furono questi gli avvenimenti sul suolo della Sicilia.
Il percorso oggi si snoda fra pareti scoscese (anche 30 metri) marcate dai segni, ancora perfettamente leggibili dopo millenni, dell'estrazione dei blocchi di pietra, strato dopo strato. Anche qui, come nell'Orecchio di Dionisio, i lavori procedettero dall'alto verso il basso, alla ricerca dei filoni profondi, di migliore qualità.Oltre alla caverne create dall'attività estrattiva, ed ai piloni e le gole rimasti dalle caverne crollate, il luogo presenta sentieri immersi nel verde, ed un'immensa, impressionante cavità a cielo aperto, sui bordi della quale occhieggiano, quasi in bilico sul vuoto, le costruzioni sovrastanti, mentre radici aeree di ficus percorrono le pareti.
Nel periodo estivo, in uno spazio adibito a teatro all'aperto, viene organizzato ogni anno "Latomia Arte", un programma di spettacoli di teatro, musica e danza (per il programma si può chiedere alla reception dell'Algilà Ortigia Charme Hotel).
Come raggiungere la Latomia dei Cappuccini dall'Algilà Ortigia Charme Hotel.
La Latomia dei Cappuccini di trova all'estremità nordest della Siracusa antica. La distanza da Ortigia ne sconsiglia la visita a piedi (anche se, volendo, è possibile) specie per chi avesse poco tempo a disposizione per visitare la città.
In automobile si raggiunge percorrendo la Riviera Dionisio il Grande (la strada che corre lungo il mare), che sbocca propria in Piazzale Cappuccini.
Chi non avesse un mezzo proprio (auto o bicicletta) può chiamare tramite la reception un taxi, a tariffa convenzionata.
In alternativa è possibile prendere il bus.
Condizioni della visita.
Dopo un "restauro" durato un trentennio, nel corso del quale è stata chiusa al pubblico, la Latomia dei Cappuccini di Siracusa è oggi aperta grazie all'impegno dell'associazione "Italia Nostra" di Siracusa, dal lunedì al venerdì dalle ore 9:30 alle ore 13:30 (biglietto: € 3). Al sabato e domenica: visita guidata, su prenotazione, ad € 5, dalle 10 alle 13 e dalle 16:30 alle 19:30. Per informazioni: tel./fax 0931/411394, oppure 333.6456499; email siracusa@italianostra.org.
La struttura del luogo, scavato per decine di metri al di sotto del livello della superficie, è caratterizzata da scalinate e da tratti relativamente scoscesi, che purtroppo costituiscono serie barriere architettoniche, non consentendo la visita alle persone con problemi di deambulazione.